Attività giudiziale / Litigation & Disputes
- stepalmacci
- 27 set 2019
- Tempo di lettura: 4 min

Il contenzioso fiscale davanti alla commissione tributaria: una lotteria
Una contestazione sui redditi dichiarati, una richiesta di rimborso o di compensazione negata, la notifica di un accertamento o di una cartella di pagamento. È da situazioni come queste che si innesca il contenzioso tra contribuenti e Fisco di fronte alle commissioni tributarie. Si tratta di liti dall’esito spesso imprevedibile. Infatti, se si analizzano le decisioni dei giudici fiscali, è facile imbattersi in orientamenti contrastanti, che a volte non ritrovano l’uniformità neppure dopo che a pronunciarsi sono state la Corte di giustizia Ue o la Cassazione.
Non è solo una questione territoriale. È vero, infatti, che sono frequenti le difformità tra le decisioni delle 103 commissioni tributarie provinciali e delle 21 regionali. Ma accade anche che i giudici di una stessa commissione propendano per soluzioni differenti. Un fenomeno che, secondo Antonio Damascelli, presidente di Uncat (l’Unione nazionale camere avvocati tributaristi), «mina la certezza del diritto, crea confusione e incertezza tra gli operatori e ha l’effetto di generare ulteriore contenzioso», fino a ingolfare la Cassazione: nel 2017 le cause tributarie all’esame della Suprema corte hanno raggiunto la percentuale record del 49% del totale.
In questo contesto è emblematica la vicenda del recupero del credito Iva da parte dei contribuenti che non hanno presentato (per ragioni non fraudolente) la dichiarazione. Il tema è stato messo a fuoco proprio da Uncat e dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, nel corso di quattro incontri formativi per avvocati e magistrati tributari.
La questione riguarda gli oltre 6 milioni di titolari di partita Iva. A questi contribuenti i giudici spesso negano la possibilità di riportare in avanti i crediti maturati in annualità in cui la dichiarazione Iva non è stata presentata, riconoscendo così efficacia sostanziale (e non solo formale) al documento. Questo benché la Corte di giustizia Ue già nel 2014 abbia affermato il principio per cui il recupero del credito deve essere riconosciuto se il contribuente che lo richiede soddisfa i requisiti sostanziali, anche se mancano alcuni obblighi formali. A livello nazionale, la giurisprudenza della Cassazione è oscillata fino al settembre del 2016, quando, con le sentenze 17757 e 17758 a Sezioni unite, ha affermato che il diritto a detrarre l’Iva pagata in più non può essere negato solo perché manca la dichiarazione annuale, se si prova l’esistenza dei requisiti sostanziali: che gli acquisti sono assoggettati a Iva e finalizzati a operazioni imponibili.
Una presa di posizione netta, a cui però le commissioni di merito non sempre si sono allineate. Dall’analisi fatta da Uncat sulla giurisprudenza delle commissioni tributarie dei distretti di Milano, Napoli e Catania, è emerso un quadro variabile. A partire da Milano, dove le desioni delle commissioni provinciali rese tra il 2011 e il primo semestre 2017 sono spaccate, con il 38% che ha ammesso il diritto alla detrazione e il 33% che l’ha escluso. Se poi nella giurisprudenza campana si riscontra una maggiore adesione ai principi affermati dalle Sezioni unite, nel distretto di Catania coesistono indirizzi divergenti.
(fonte: Il Sole24Ore)
Litigation funding, la nuova via per finanziare le procedure concorsuali
La disponibilità di risorse costituisce un fattore determinante per le oltre 80mila procedure fallimentari pendenti in Italia, ce ne sono 5.700 soltanto davanti al tribunale di Milano. In questo ambito ha iniziato a muoversi il fondo Therium con oltre 200 milioni di sterline di patrimonio da destinare «anche al mercato italiano». Il debutto pubblico è avvenuto nel corso del convegno “Procedure concorsuali e litigation funding: quali opportunità?” che si è tenuto ieri a Milano presso l'AIDC - Associazione Italiana Dottori Commercialisti, su iniziativa dell'Associazione Concorsualisti Milano (A.C.M.). L'avvocato del Fondo Oliver Novick nel suo intervento ha così spiegato le opportunità di uno strumento nuovo per il nostro paese ma che viene ampiamente utilizzato all’estero e per cui si prevede una espansione soprattutto nei settori bancario, del recupero crediti ed in generale nei contenziosi contro i grandi gruppi. Il finanziatore in sostanza prende su di sè una parte del rischio del procedura, ottenendo una remunerazione in caso di esito positivo. Ciò in teoria dovrebbe aprire le porte dei Tribunali ad una platea di soggetti più vasta. «Nelle procedure concorsuali i costi della giustizia civile possono costituire un significativo ostacolo alla richiesta di tutela giurisdizionale soprattutto quando si è in presenza di fallimenti senza fondi», ha spiegato Roberta Zorloni, dottore commercialista e presidente A.C.M. «Il patrocinio gratuito - prosegue -, se pur contemplato, viene poco utilizzato. Un ulteriore fattore di ostacolo alla tutela giurisdizionale è l'alea del giudizio e quindi il rischio. Percorrere la via della tutela giurisdizionale implica la necessità di esborsi, a volte anche rilevanti se si pensa agli arbitrati e alle cause all'estero, senza che vi sia la certezza che il recupero dei crediti andrà a buon fine». Per Zorloni, dunque, «il finanziamento della controversia da parte di soggetti terzi che si accollano il rischio dell'esito negativo di un procedimento giurisdizionale o arbitrale, trattenendo in cambio, nel solo caso di esito vittorioso del giudizio, una percentuale, è un istituto che può contribuire a rendere effettivo, laddove in caso contrario non si agirebbe, l'accesso alla tutela giurisdizionale (o arbitrale) dei diritti a tutela della massa dei creditori». Una visione condivisa anche da Cino Raffa Ugolini, Partner Crea Avvocati Associati, secondo siamo davanti «ad uno schema tendenzialmente rivoluzionario perché può consentire alle procedure concorsuali – notoriamente senza fondi - di iniziare azioni legali che possono risollevare l'attivo fallimentare a rischio zero e che altrimenti non sarebbero mai state coltivate, con beneficio per la massa dei creditori».
(Fonte: Guida al Diritto)
L’omologazione del concordato fallimentare
Ai fini dell’omologazione del concordato fallimentare, il pagamento integrale ed immediato dei creditori aventi diritto di prelazione non è equivalente ad un loro pagamento integrale ma dilazionato, sia pure con riconoscimento degli interessi legali, cosicché detti creditori vanno ammessi al voto in misura percentuale pari all’entità del sacrificio subito, senza che, sotto altro profilo, sia necessaria la relazione del professionista di cui all’art. 124, comma 3, l.fall. (Cassazione n. 22045/2016)
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